Il Palazzo Ducale e il giardino

1. Jan Kraeck, Carlo Emanuele I, duca di Savoia, 1585.

Ginevra, Musée d’Art et d’Histoire

Con il duca di Savoia Carlo Emanuele I  (fig. 1) il giardino del Palazzo Ducale s’inserisce in un più ampio programma urbanistico che non solo riguardava tutta l’area palatina e la zona antistante verso sud (odierna piazza Castello), ma anche mirava ad integrare in un unico sistema città, palazzo e territorio al di là delle mura.

L’architetto militare Ascanio Vitozzi, al servizio del duca dal 1584, concretizza queste ambizioni progettando una nuova residenza ducale nel sito dell’attuale Palazzo Reale, collocata al centro di una direttrice assiale – la via Nuova (via Roma) – che, partendo dalla corte d’onore del palazzo, avrebbe condotto sino al castello di Mirafiori.

Posizionato tra la cortina muraria e il palazzo ducale, il giardino si costituiva allora come uno spazio d’incontro tra architettura e natura, dotato, lo si vede nelle incisioni del Theatrum Sabaudiae, di un bastione difensivo cinquecentesco, il garittone del Bastion Verde, che consentiva una visuale panoramica opposta all’asse della via Nuova, verso nord e verso la residenza del Regio Parco.

La «zona di comando»

L’espansione della città verso est, risalente agli anni Settanta del Settecento, concesse all’architetto ingegnere ducale Amedeo di Castellamonte lo spazio necessario per sviluppare in maniera ipertrofica il Palazzo allora Ducale, poi Reale, immaginando una serie di edifici di servizio dai caratteri estremamente aulici. Da qui deriva la cosiddetta «zona di comando», un complesso che doveva includere, oltre alla residenza ducale, il giardino in espansione e l’Accademia Reale con i quattro bracci delle scuderie. A fungere da collegamento tra il Palazzo Ducale e la «zona di comando» la Galleria di Carlo Emanuele II: un ambiente concepito per accogliere le collezioni e la biblioteca del duca, edificato solamente nelle fondamenta, poi riutilizzate da Filippo Juvarra per elevare, a partire dagli anni Trenta del Settecento, le Regie Segreterie di Stato (attuale Prefettura) e l’Archivio di Corte (Archivio di Stato).

I Giardini di Levante

Nel 1697 interviene a riplasmare i Giardini di Levante l’architetto paesaggista francese André Le Nôtre (fig. 2), già noto in Piemonte per aver fornito il progetto per il parco dei Savoia-Carignano al Castello di Racconigi: troppo anziano per viaggiare, Le Nôtre invia a Torino il suo collaboratore Antoine de Marne che sovrintende i lavori fino al 1699.

I progetti di Le Nôtre non risultano conservati ma una pianta prospettica della città di Cesare Grampin (1701) (fig. 3) ne restituisce la conformazione. Come da indicazioni di Le Nôtre, nel giardino viene inserita una grande vasca con fontana, la Fontana dei Tritoni (fig. 4), di cui l’ideazione spetta a Francesco Ladatte e l’esecuzione a Simone Martinez. I getti d’acqua erano alimentati da un enorme serbatoio progettato dall’ingegnere idraulico svizzero Isacco Francesco Matthey e dall’ingegnere militare Antonio Felice De Vincenti, successivamente demolito.

2. Carlo Maratta, André Le Nôtre, 1679-1681.

Versailles, Chateau de Versailles

3. Giovanni Boglietto (incisore) su disegno di Giulio Cesare Grampin,

L’idea del celebre miracolo dell’Eucharistico particolare della pianta di Torino, 1701. Torino, Biblioteca Reale – Musei Reali

4. Simone Martinez, Fontana dei Tritoni, 1755-1758.

Torino, Giardini Reali – Musei Reali

Nel Settecento, oltre alla Fontana dei Tritoni, nei giardini erano presenti anche altre opere di Ladatte: vasi in bronzo e metallo e putti in piombo simboleggianti i quattro elementi (di cui due conservati al Metropolitan Museum di New York) (figg. 5, 6).

5. Francesco Ladatte, Bambini che giocano con la frutta, 1745-1750 circa.
New York, The Metropolitan Museum of Art

6. Francesco Ladatte, Bambini che giocano con uccelli, 1745-1750 circa.
New York, The Metropolitan Museum of Art

In epoca napoleonica, i putti di Ladatte furono sostituiti con le Allegorie delle Stagioni di Martinez (figg. 7, 8, 9, 10), provenienti dalla Reggia di Venaria e nel 2017 restituite alla loro sede originaria. Sempre dalla Reggia di Venaria arrivarono per essere collocati nei Giardini di Levante, dove tuttora si trovano, quattordici vasi ornamentali degli scultori Ignazio e Filippo Collino (fig. 11), visibili nella Veduta del Giardino Reale (1883) di Marco Calderini (fig. 12).

Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, su progetto di Marcellino Roda, il parterre tripartito a nord, nella zona originaria del giardino, viene rimodellato mentre nel primo Novecento la principessa Maria Letizia, residente nell’appartamento del pianterreno del Palazzo Reale, fece realizzare una grande serra sulle terrazze (oggi non più esistente).

7. Simone Martinez, Allegoria dell’Autunno, 1741-1752.
Venaria Reale, Reggia di Venaria

8. Simone Martinez, Allegoria dell’Inverno, 1741-1752.
Venaria Reale, Reggia di Venaria

9. Simone Martinez, Allegoria della Primavera, 1741-1752.
Venaria Reale, Reggia di Venaria

10. Simone Martinez, Allegoria dell’Estate, 1741-1752.
Venaria Reale, Reggia di Venaria

11. Ignazio e Filippo Collino, Vaso decorativo, 1773.

Torino, Giardini Reali – Musei Reali

12. Marco Calderini, Veduta del Giardino Reale, 1883.
Torino, Palazzo Reale – Musei Reali