Il gioco del pallone al bracciale
Tra il XVII e il XVIII secolo, nell’Accademia Reale di Torino, studenti italiani ed europei s’intrattenevano con il pallone al bracciale, un gioco di squadra che consisteva nel lanciarsi una palla colpendola con un bracciale in legno. Doveva trattarsi di un passatempo di grande successo se in Piemonte le città si sfidavano in veri e propri tornei, quasi gli antesignani dei moderni campionati. Un particolare della tavola del Theatrum Sabaudiae (1682) dedicata alla zona di comando e uno Spaccato del Regio Teatro (1761), conservato all’Archivio di Stato di Torino (fig. 1), mostrano giovani intenti a giocare pallone al bracciale proprio negli spazi dell’Accademia Reale.
Gli artisti girovaghi a cospetto del re
A corte si assisteva a esibizioni di giocolieri, saltimbanchi, acrobati, più in generale di artisti di strada che, a partire dal Settecento, cominciarono a riunirsi in compagnie (fig. 2). A Torino non rimangono notizie di questa sorta di spettacoli poiché le uniche testimonianze sono rappresentate dai cerimoniali di corte che sì descrivono i ricevimenti per l’arrivo degli ospiti, ma non si soffermano sugli svaghi del sovrano e del suo entourage.
Prima della nascita dei circhi, verso la metà del Settecento, artisti girovaghi si esibivano in spettacoli di curiosités di cui si hanno notizie solo grazie ai dispacci degli ambasciatori. Per la consuetudine dell’epoca, l’artista doveva prima esibirsi a cospetto del re, o di una figura pubblica importante, poi davanti ad altre famiglie aristocratiche e, in caso di esito positivo, poteva dare spettacolo all’interno di un piccolo teatro oppure di un baraccone concesso dalle autorità cittadine (nel caso di Torino, se ne occupava la Società dei Cavalieri che gestiva il Teatro Regio).
2. Pietro Domenico Olivero, Musicanti girovaghi, XVIII secolo.
Torino, Museo Civico d’Arte Antica – Palazzo Madama
“L’incomparabile signor Colpi” e Philip Jones
Monsignor Antonio Codronchi (fig. 3), nunzio pontificio a Torino, nelle lettere inviate alla Santa Sede, spesso raccontava degli spettacoli e dei giochi a cui assisteva e due sono i personaggi che sembrano colpire maggiormente la sua attenzione: il signor Colpi e Philip Jones. Il cosiddetto “incomparabile signor Colpi” proveniva da quel contesto di acrobati veneziani in cui i Nicolotti e i Castellani – le fazioni del ceto popolare di Venezia – si sfidavano nelle cosiddette Forze d’Ercole (fig. 4), ossia gare acrobatiche che consistevano nel formare la più alta piramide umana. Durante i suoi tour internazionali, il saltimbanco si esibì a Torino nel 1761 con le «forze di equilibrio», mentre da Londra giunse il giocoliere Philip Jones, detto anche Jona o Jonas, che ebbe l’onore di far ammirare «la sua destrezza e agilità di mani» alla corte di Vittorio Amedeo III. Quest’ultimo rimase così colpito dall’esibizione del prestigiatore che gli regalò 500 lire, una somma di denaro con cui in Piemonte all’epoca si poteva comprare un feudo.
3. Anonimo imolese, Arcivescovo Antonio Codronchi, 1785-1799.
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Il Circo Olimpico
Nel primo Ottocento furono istituzionalizzati i circhi anche se, inizialmente, non sostituirono le compagnie girovaghe. A partire dal 1849, nell’area della Regia Cavallerizza s’insediò il Circo Olimpico, il cui nome alludeva al Cirque Olympique (fig. 5), un grande circo fondato a Parigi da Antonio Franconi, un nobile di origine friulana che, per evitare una condanna per omicidio, era scappato in Francia, dove dapprima lavorò con Philip Astley (fig. 6), acrobata inglese di grande fama, e, in seguito, istituì il Manège Franconi (1793), poi rinominato Cirque Olympique.
6. Anonimo, Philip Astley, 1800-1825.
Londra, National Portrait Gallery
Il Regio Ippodromo
Il Regio Ippodromo (fig. 7), inaugurato nel 1857, venne costruito sugli spalti dei demoliti bastioni, nella zona dove oggi sorge l’attuale Auditorium RAI. L’ippodromo era destinato «ad uso dei pubblici spettacoli» e vi si esibiva una grande compagnia di cavallerizzi composta da 18 uomini, 12 donne e 50 cavalli, ai quali si aggiungevano pagliacci e professionisti provenienti direttamente dal Cirque Olympique di Parigi. Inoltre, nell’edificio si tenevano per i ricchi borghesi della città lezioni di nautica, ginnastica, scherma e cavallerizza, le medesime discipline insegnate nella vicina Accademia ormai Militare, di frequentazione aristocratica. Al momento dell’inaugurazione, la struttura architettonica dell’ippodromo non doveva convincere molto i torinesi se, come testimoniato dalla Gazzetta del Popolo, venne presto ribattezzata «l’ippopotamo». In realtà, l’architettura dell’edificio riprendeva il modello del Cirque d’Été (fig. 8) e del Cirque Napoléon (poi Cirque d’Hiver) (fig. 9) di Parigi.
Miss Ella alla Cavallerizza Reale
Nel 1855 il musicista austriaco Johann Strauss compose la Ella-Polka, un brano dedicato a Ella Zoyara (fig. 10), cavallerizza americana che, all’epoca, grazie ai suoi spettacoli di incredibile abilità equestre, spopolava in Europa. Definita dalla rivista “The Economist” «the first female equestrian in the world», Miss Ella giunse a Torino tra il 1856 e il 1857 e si esibì in Cavallerizza Reale accompagnata da «concertisti di campane scozzesi». La sua bellezza, o forse più probabilmente le sue doti a cavallo, non mancarono di attirare l’attenzione di re Vittorio Emanuele II che iniziò a corteggiarla insistentemente. Miss Ella resistette alle avances del sovrano e solo molti anni più tardi si scoprì che, in realtà, non si trattava di una spericolata acrobata, ma di un uomo chiamato Omar Kingsley (fig. 11). A smascherarlo un conte spagnolo che, perdutamente innamorato, non ne aveva accettato il rifiuto e, tentando un approccio troppo diretto, aveva scoperto la verità. Nonostante il disvelamento, Miss Ella/Omar Kingsley (fig. 12) mantenne la duplice identità, continuando a esibirsi in spettacoli equestri in giro per l’Europa.
11. Ella Zoyara, 1863 circa.
Pleasantville, Meserve-Kunhardt Collection
La Cavallerizza come luogo d’intrattenimento
La Cavallerizza non si limitava quindi ad essere un luogo di educazione per aristocratici, militari e studenti forestieri, ma si configurava anche come un luogo d’intrattenimento e svago, lasciandoci così in eredità una commistione di discipline che speriamo possa essere colta e valorizzata dai futuri usi.